L’olfatto e l’odore, questi (semi) sconosciuti

Il desiderio di tornare a vivere negli ambienti di lavoro ci ha spinti ad interrogarci maggiormente sull’olfatto, il senso maggiormente colpito dal COVID-19.
L’esame olfattivo dell’Associazione italiana sommelier comprende l’utilizzo di una ventina di aggettivi solo per descrivere le caratteristiche generali di un vino. Poi l’assaggiatore o il semplice intenditore può sbizzarrirsi tra relazioni e immagini, che spesso fanno sorridere per l’audacia degli accostamenti o la sfrenata fantasia del descrittore. Così un vino può profumare di cuoio, di foglia di pomodoro, di brioche, ma anche di sottobosco, di crosta di pane e financo di gesso.

Sono collegamenti tra i neuroni che lasciano traccia indelebile nel nostro cervello, basta saperla portare alla luce estraendola dai ricordi.
L’olfatto è la funzione sensoriale che ci serve a percepire gli odori: fin qui la descrizione enciclopedica. Ma il percepirli, così come fanno gli altri sensi, ci mette in contatto col mondo che ci circonda e un profumo, o un odore sgradevole, talvolta si legano così stretti a una situazione o ad un’immagine, tanto da lasciare un’impronta che resta con noi per sempre.

L’olfatto è un senso unico

Per gli amanti delle scienza, ma anche per chi vuole capire perché gli odori, i profumi e quanto passa attraverso il nostro naso siano così profondamente legati alle nostre emozioni, sarà affascinante scoprire che l’olfatto non segue gli stessi itinerari degli altri sensi. Tatto, vista, gusto e udito passano attraverso il talamo e poi vanno alla corteccia celebrale. L’olfatto no. Questo senso meraviglioso, e ancora per certi versi misterioso, va direttamente alla parte più antica e profonda del nostro cervello, lì dove risiedono i ricordi e le emozioni. Ecco perché spesso ciò che odoriamo ci coglie quasi di sorpresa, impreparati. Un turbamento, un’inquietudine, una commozione, una gioia, anche questo viene memorizzato quando odoriamo qualcosa di particolarmente significativo: non solo l’odore e il momento, ma anche l’emozione

 

L’odore? bistrattato, si rifà con l’amore

Siamo animali superiori e quindi dobbiamo pagare lo scotto dell’evoluzione con alcune rinunce: tra queste la riduzione della nostra capacità di percepire gli odori. La teoria, a tratti filosofica, a tratti scientifica, percorre la storia del nostro senso forse più vero.
Era opinione di Aristotele e anche di Platone, che il nostro apparato olfattivo fosse imperfetto e per questo il nostro olfatto molto modesto rispetto agli altri sensi.
Egizi, Greci e Romani condivisero l’importanza dei profumi e la loro funzione religiosa. Il Cristianesimo, in seguito, segnò un’altra tappa a sfavore del nostro senso forse meno sviluppato, perché associato spesso al piacere, e quindi condannato assieme a pratiche “impure” nella nostra vita di relazione.  

Anche Kant e Hegel procedettero nel loro pensiero ad una svalutazione dell’olfatto, e nondimeno la nostra vita basata su vista e udito, per molti secoli ha relegato profumi e odori ad un ruolo falsamente marginale nel quotidiano e nello sviluppo delle relazioni sociali. Che dire poi dell’aromaterapia e degli olii essenziali…
Ma è proprio nella vita di relazione più stretta, quella amorosa, che l’olfatto si prende spesso delle rivincite importanti. Difficile ingannarlo, come succede per la vista in più di qualche occasione. Esiste l’illusione ottica, ma quella olfattiva è molto più complessa da attuare. Per “guarire” dalle imperfezioni è sufficiente la penombra, per un’incompatibilità odorosa, spesso non bastano le essenze.

Pandemia, anosmia, mascherine

 

Un altro duro colpo all’olfatto, che cercava faticosamente una riabilitazione nell’era moderna, lo ha dato la diffusione del Covid19. Lunghi mesi durante i quali alle esalazioni del mondo si è sostituito il profumo – da molti descritto invece come olezzo – della carta. La mascherina che ci filtra e ci separa dagli altri: a volte, ironicamente detto, un vantaggio, a volte un altro passo verso l’anonimato, l’estraneazione dall’altro.
Ma la vera portata del danno l’ha accusata chi l’olfatto lo ha perso del tutto o quasi, prendendo coscienza suo malgrado e in modo repentino di quanto un mondo senza odori diventi più povero e anche più pericoloso. Non riuscire e distinguere attorno a noi un’esalazione di gas, o non percepire il fetore di un cibo andato a male può portarci alla morte. Di conseguenza, anche chi non ha incontrato di persona il virus pandemico, tra le altre numerose e possibili conseguenze, ha compreso quanto possa essere limitante non poter più sentire il profumo di una rosa, l’aroma di un vino, il piacevole effluvio della persona amata, la biancheria fragrante di spigo.

Per contro, questa spiacevole e a tratti tragica pandemia ha risvegliato un interesse nello studio dell’olfatto, che pareva essersi sopito dopo le rivincite moderne prese dal nostro bistrattato senso su Cristianesimo, Medioevo e filosofi moderni.
Cosa accadrà adesso che non saremo più costretti a interporre mascherine, fazzoletti e improvvisate protezioni al mondo che ci circonda? Recupereremo il piacere di “ascoltare” col naso? O ci ritrarremo in direzione di un isolamento che segnerà un passaggio attraverso questo momento buio della nostra storia?
Nel frattempo, gli scienziati ci dicono che non siamo poi così tanto imperfetti rispetto al resto degli animali e che siamo in grado addirittura di distinguere odori riconducibili a malattie o diverse gradazioni di inquinamento. Tutto sommato una visione che ci accompagna verso una vena di ottimismo della quale si sente un affannoso bisogno.  

La progettazione degli ambienti è legata ai sensi

Progetto Set Group

Realizzazione di STL Design e Tecnologia presso Set Group


Una buona parte della nostra vita trascorre immersa nell’ambiente di lavoro. E non serve scomodare il concetto di “psicologia dell’abitare” per riconoscere quanto sia importante inseguire l’armonia tra i cinque sensi per progettare “l’ufficio confortevole”, per progettare lo stesso benessere, nelle ore passate davanti ad uno schermo, seduti in riunione, concentrati su documenti o collegati per mezzo del telefono. Mesi di pandemia hanno lasciato il segno anche nella vita professionale e la necessità di progettare workplaces dove potersi (re)incontrare è ormai diventata incombente.

STL non è solo vendita di prodotti, ma un aiuto alla pianificazione che parte dall’analisi degli spazi di lavoro, passa dalla progettazione, dall’ interior design  e non si conclude con la fornitura dei materiali e l’installazione di ciò che è stato scelto. Un luogo dove poter di nuovo sentire il contatto degli altri, dove poter sentire profumi e odori, dove poter recuperare una vita più consona a ciò che meritiamo, richiede anche assistenza e disponibilità al cambiamento, alla risoluzione di problemi, all’adattamento e nuove situazioni.

La tecnologia è meravigliosa se la sappiamo utilizzare per ciò che serve. Il fulcro di tutto è la persona. Il cuore di tutto siamo noi.